martedì 12 dicembre 2017, ore 20:30
Potenza, Teatro Francesco Stabile
liberamente tratto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile
testo e regia: Emma Dante
con: Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola
elementi scenici e costumi: Emma Dante
luci: Cristian Zucaro
assistente di produzione: Daniela Gusmano
assistente alla regia: Manuel Capraro
produzione Festival di Spoleto 60, Teatro Biondo di Palermo
in collaborazione con: Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale
Un castello in miniatura. Due seggiulelle. Una porta di legno. Una misteriosa cassapanca. È la scenografia del nuovo lavoro di Emma Dante, La scortecata tratta dalla decima fiaba della prima giornata de Lo cunto de li cunti overo lo trattenimiento de peccerille di Giambattista Basile.
In un fantastico gioco di luci di Cristian Zucaro che, nel vuoto luminoso di un palcoscenico nero, crea sogno e tragedia, contrappunto al napoletano seicentesco la cui familiarità lo spettatore conquista con l’incedere dei minuti. Una lingua arcaica mescolata a elementi di un lessico contemporaneo, all’inizio respingente e poi, lentamente sempre più comprensibile e struggente. La scortecata narra la storia di un re che s’innamora della voce di un’anziana, la quale vive in una catapecchia assieme alla sorella più vecchia di lei. Il sovrano, gabbato dal mignolo che gli mostra dal buco della serratura, la invita a dormire con lui. Quel dito succhiato che richiama tante cose, l’infanzia, il gesto erotico, il ciucciotto. Per le due vecchie il loro desiderio sessuale non ancora svanito. Ma dopo l’amplesso, accorgendosi di essere stato ingannato, il re la butta giù dalla finestra. La vecchia non muore, ma resta appesa a un albero. Da lì passa una fata che le fa un incantesimo e diventata una bellissima giovane che il re prende per moglie. In questa scena vuota, due uomini, cui sono affidati i ruoli femminili come nella tradizione del teatro settecentesco, drammatizzano la fiaba incarnando le vecchie e il re. Sole e brutte, si sopportano a fatica ma non possono vivere l’una senza l’altra. Per far passare il tempo nella loro misera vita inscenano la favola con umorismo e volgarità. Sognano il principe, un sovrano che descrivono disgustate: bestemmia, rutta, sputa, scatarra, piscia dal balcone e quando alla fine non arriva il fatidico e vissero felici e contenti, la più giovane, novantenne, chiede alla sorella di scorticarla per far uscire dalla pelle vecchia una nuova.
In quell’antico maledetto vizio delle femmine che pur di apparire belle le riduce a tali eccessi. Ma, se merita biasimo una fanciulla che si dà a queste civetterie, è più degna di castigo una vecchia che, volendo competere con le figliole, si causa il risolino della gente e la rovina di se stessa.