Questo sito web utilizza i cookie per gestire l'autenticazione, la navigazione e altre funzioni. Utilizzando il nostro sito, l'utente accetta che possano essere utilizzati questo tipo di cookie sul proprio dispositivo.

Nata a Cesena dalle ceneri dell’Explo, la Socìetas Raffaello Sanzio è stata fondata verso la metà del 1981 da Romeo Castellucci, sua sorella Claudia, la moglie Chiara Guidi e il cognato Paolo.

 

Lo stretto legame di parentela e un comune ideale di sperimentazione teatrale li tengono uniti e li rende complici sia nella vita reale che sul palcoscenico. Romeo orienterà il suo teatro verso una pratica attenta alle arti visive e non soggetta al primato della letteratura, complessa e ricca di visioni. L’esordio a Milano nel 1983 con I fuoriclasse della bontà davanti a una platea quasi deserta. Nel 1984 inizia una nuova fase con lo spettacolo Kaputt Necropolis presentato alla Biennale di Venezia che rinsalda le fondamenta con la cultura occidentale. Del 1992 è Amleto la veemente esteriorità della morte di un mollusco, dove il personaggio è a mano a mano decostruito, operando sulla drammaturgia in maniera provocatoria ed estrema per restituire alla figura dell’attore la sua originaria funzione liturgica e rituale. L’anno successivo arriva il cupo e violento Masoch. Del 1995 è Orestea dove continua l’evoluzione dell’espressività teatrale e l’approfondimento delle tematiche esplorate in Amleto e Masoch, passando per il Giulio Cesare e culminate nel 1999 con Genesi. From the museum of sleep. Nel 2000 arriva il premio Europa Nuove Realtà Teatrali e dal 2002 al 2004 la Socìetas inizia a sviluppare un ciclo drammatico sulla vita e la morte con la Tragedia Endogonidia diviso in undici episodi ognuno dei quali è rappresentato in una città diversa. Nel 2011-2012 suscita polemiche Sul concetto di volto nel Figlio di Dio, opera rappresentata prima a Parigi e poi a Milano e considerata blasfema da alcuni gruppi di cattolici. La Socìetas nelle sue rappresentazioni è da sempre orientata verso una dimensione teatrale fortemente visionaria, evocatrice di antichi archetipi ancestrali con lo sguardo rivolto alla tragedia classica, alla sacralità del rito e ai lontani miti barbarici. Spesso sono immagini disturbanti, spaventose, che generano inquietudine per le analogie con il lato tragico della condizione esistenziale contemporanea. Per questo l’opera della Raffaello Sanzio piace o al contrario è detestata dal pubblico. In ogni caso è raro che risulti indifferente.

 

arrow nera  societas.es