Questo sito web utilizza i cookie per gestire l'autenticazione, la navigazione e altre funzioni. Utilizzando il nostro sito, l'utente accetta che possano essere utilizzati questo tipo di cookie sul proprio dispositivo.

FOCUS YOUNG ARAB CHOREOGRAPHERS
domenica 10 settembre 2017, ore 20.30
Matera, Museo archeologico nazionale Domenico Ridola

 

regia, coreografia: Bassam Abou Diab
interpretazione: Bassam Abou Diab, Samah Tarabay
musica dal vivo: Samah Tarabay
artista affiliato a: Maqamat Beit el Raqs
durata: 30 minuti

 

Un’ironica, personale visione della guerra. Di chi l’ha vissuta attraverso alcune strategie di sopravvivenza. In Under the flash, con la danza, Bassam Abou Diab esprime il disagio e lo sgomento provato da molti libanesi vittime delle occupazioni israeliane. Quelle stesse sensazioni che la gente sta tuttora vivendo in altri Paesi dell’area mediorientale per le conseguenze delle guerre volute dall’Occidente. Ma nel rompicapo delle identità libanesi, divise e ricomposte dalla lunga guerra che racconta sulla scena senza declinarne le generalità, lui appartiene alla comunità drusa, una cultura religiosa minoritaria invisa anche all’Islam, talmente esoterica che persino molti di essi ignorano gli arcani maggiori della fede che professano. Il giovane coreografo dà vita a una performance che unisce danza, movimento e istinto di sopravvivenza, raccontando l’allerta costante di un uomo in pericolo, chiedendosi quanto la ripetizione di un certo tipo di violenza possa influenzare le azioni e le reazioni di chi sopravvive. Questo progetto è stato realizzato a sostegno del dialogo interculturale. È uno studio sulla relazione tra le culture, il corpo, la morte e i rituali. Nato dall’aver vissuto, prima e dopo, la guerra ed essere stato obbligato, nella devastazione di corpo e spirito, a utilizzare un enorme numero di strategie per sopravvivere in un inferno che sembra non finire mai. Bassam Abu Diab spiega come è diventato un supereroe, senza aver imparato a volare ma a cadere con stile, rotolando sempre più a valle, sempre più lontano dalla pioggia di schegge e dall’onda d’urto sprigionate dagli scoppi. Alla fine del suo breve apologo performativo appare armato di spada e di scudo, facendoli suonare l’uno contro l’altra e non si capisce dove cada l’allusione: se sulle armi figurative della tradizione o sul fatto che, andando avanti di questo passo, la prossima guerra la combatteremo con gli scudi e con le spade.