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Danzatori: Silvia Bertoncelli, Marta Bevilacqua, Roberto Cocconi, Valentina Saggin, Barbara Stimoli, Fabrizio Zamero, Luca Zampar
Coreografie: Roberto Cocconi
Musiche: Alessandro Montello
Assistente alle coreografie: Valentina Morpurgo
Progetto: Roberto Cocconi, Claudio de Maglio, Fabrizio Zamero

 

Le mura sono la scenografia all’agire quotidiano ma anche gli inflessibili limiti del labirinto; la protezione dall’ignoto o il segreto rifugio di ignorate violenze: quanti significati assumono le mura e in quante forme vengono foggiate dall’uomo, coprotagonista di questa azione.

L’allestimento dello spettacolo della compagnia Arearea è partito da queste considerazioni, unite alla consapevolezza di quanto l’ambiente urbano, di cui l’uomo è indiscusso creatore, ne abbia a sua volta condizionato fortemente l’agire: il risultato è un percorso scandito dai ritmi della sacra rappresentazione, in cui ogni azione, ogni passaggio della vita dell’uomo viene determinato da rituali non codificati, ma non per questo meno rigorosi, a cui di volta in volta egli si uniforma con passiva accettazione o si sottrae in un impeto di utopia anarchica.

Tra i ciotoli della memoria e del tempo prende corpo una danza antica, una danza di donne: il ritmo del loro avanzare è scandito da una musica profonda che lancia e ritira a sé i passi della ritualità. Questo sapore si protrarrà per tutto lo spettacolo senza la pretesa di risolvere alcun mistero, piuttosto di rivelarlo di umanità. Ed ecco che tutti siamo in gioco, un gioco di rimbalzi e prese, di abbandoni e ritorni.

I danzatori, alimentati dal respiro del pubblico, si adagiano su un luogo che non è semplicemente scenario ma è piuttosto spazio della quotidianità: fili di sentimenti, eventi inevitabili, incontri complessi si intrecciano per costruire la trama irregolare dell'esperienza, quella che il tempo compatta e calcifica per ergere le mura della civiltà.

 

Hanno detto di loro

Sono brevi quadri quelli che ci propone Arearea: esplosioni di energia fisica e abbandoni sentimentali, ironici approcci al mondo e dichiarazioni di resa incondizionata. Sono corpi che, mentre danzano, raccontano pezzi di vita, momenti di un quotidiano fatto di attese, abbracci e assenze.
Rita Bragagnolo, Il Friuli (11 maggio 2001)

Particolare, in questa creazione per esterni, è il luogo della danza: la città con I suoi transiti di natura e artificio, giardini e parcheggi, strade e mura. Nelle due serate udinesi, ad esempio, le belle pareti di pietra della chiesa di S. Francesco e gli spazi aperti dell'Ospedale Vecchio, di asfalto e di alberi, usati come scenografia per movimenti di coppia, azioni di gruppo, ...
Roberto Canziani, Il Piccolo (7 maggio 2001)

Di grande intuizione ed effetto le scelte di movimento delle scene, come le strategie a sorpresa dell'ingresso in scena dei ballerini, che scivolano e si intrufolano continuamente tra gli spettatori, a loro volta parte integrante con la coreografia scenica.
Paola Romani, Il Nuovo Friuli (7/11 maggio 2001)