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Attraversiamo quotidianamente luoghi che l’attuale frenesia della vita rende anonimi, banali, ovvi.

 

La città diviene così un agglomerato di non-luoghi, uno spazio fatto di confini, steccati, divisioni invisibili, che le nostre menti tracciano in una sorta di mappatura inconscia. La danza urbana è una sfida a quei confini materiali e immateriali. I non-luoghi delle nostre città diventano i territori in cui la danza può essere motore di nuova socialità, di costruzione di un tessuto di relazioni, incontri e scambi, di trasformazione del modo di percepire e vivere i luoghi pubblici, superando quei rigidi confini che la consuetudine costruisce.

I corpi dei danzatori, offerti allo sguardo del pubblico, non si rinchiudono nei teatri ad evocare altri luoghi, altre vite, ma si presentano negli spazi della quotidianità, disperdendo all’intorno segni, immagini, sensazioni che nutrono quei luoghi stessi di umanità. Lo spazio è tutto ciò che circonda i nostri corpi. E’ l’habitat in cui viviamo ed è in continuo divenire per mano dell’uomo. Le caratteristiche di ciascun habitat determinano, o quantomeno condizionano, l’azione dell’uomo, strutturandone la visione del mondo.

L’architettura, nel progettare e costruire gli spazi, riflette l’organizzazione e la struttura di ogni società, così come il discorso profondo che ciascuna comunità elabora nella relazione tra uomo e mondo. In stretta connessione con essa è la danza, che costruisce con la coreografia un architettura in movimento, un disegno di azioni nello spazio.

Interrogarsi sul presente significa, pertanto, osservare il mondo, le città, gli spazi della quotidianità, così come gli spazi effimeri della coreografia, e leggerne i segni profondi che vi abbiamo impresso, trasformandoli.

In itinere. Festival internazionale di danza e arti performative nei paesaggi urbani lancia la sfida ad artisti ed istituzioni per lasciare un segno effimero, ma tangibile sulla città, al fine di sollecitare nel pubblico uno sguardo più consapevole sui luoghi della propria città.