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Coreografia della leggerezza e dell'immateriale

A vederlo il Ponte Musmeci a Potenza è una formidabile, audace e imponente costruzione che sovrasta il fiume Basento. Sergio Musmeci lo ideò alla fine degli anni Sessanta, secondo tecniche e visioni architettoniche avanguardistiche del tempo, che lo hanno reso una figura importante dell'ingegneria mondiale per lo studio e l'uso di materiali resi duttili non solo agli scopi ingegneristici e architettonici.

Il Ponte si caratterizzava per l'estrema eleganza formale grazie alle curve sinusoidali delle sue volute, ottenute da una sottile membrana di cemento armato, la cui forma è stata possibile da studi effettuati su modelli quali le membrane di gomma e i film di sapone.

Il ponte, oltre a permettere il passaggio da una riva all’altra del fiume, avrebbe dovuto stabilire un principio d’ordine per una zona, che si apprestava ad essere “industriale”, e che cresceva in modo disordinato e casuale. L’altro aspetto importante è che il ponte prevedeva un passaggio pedonale attrezzato nella grande pancia sottostante, che lo caratterizza nella sua forma.

Da questo punto di vista, l’opera è rimasta incompiuta e abbandonata a se stessa, in un tratto importante che segna l’ingresso alla città di Potenza. Nostro intento è costruire un progetto per valorizzarlo, che tenga conto soprattutto della sua valenza metaforica in quanto luogo di passaggio, e, nello stesso tempo, opera d’arte. Da qui l’idea di rafforzare la sua carica simbolica per l’immagine della città di Potenza, invitando artisti e performer internazionali a confrontarsi con esso, e farlo diventare un luogo di espressione dell’arte contemporanea per la Basilicata.

Se ci si avvicina o si attraversa l’enorme pancia del ponte, si perde la sensazione di freddezza che un’opera in cemento armato trasmette, ed immediatamente si è accolti da un corpo avvolgente e misterioso, femmineo e affascinante: l’esterno richiama la struttura e l’eleganza delle volte e della verticalità delle forme, l’interno il mistero del viaggio interiore. Si impone una logica ambigua di interno/esterno, di concretezza e leggerezza, di verticalità e profonda orizzontalità, che ha colpito la fantasia della compagnia di danza contemporanea francese Compagnie Retouramont chiamata a confrontarsi - in un corpo a corpo - con il ponte, per esplorarne le capacità espressive in un contatto diretto con un manufatto artificiale, ma sensibile e seducente, capace di produrre forti emozioni.

La danza aerea e acrobatica, le performance del gruppo sono ormai conosciute in tutto il mondo. Non c’è per loro un palcoscenico prestabilito - anzi non c’è palcoscenico. Infatti, se la danza, in primis, è espressione del corpo, ed il corpo vive nello spazio, è impossibile racchiudere lo spazio in una dimensione unica. Essa è emozione e produce emozioni, in un relazione continua con l’ambiente circostante. Sospesi tra cielo e terra, i danzatori/performer volano, giocano con lo spazio, creano “figure” e coreografie poetiche di grande spettacolarità e fascino. Il loro è un danzare sospesi a corde elastiche, un muoversi ritmico nell’aria, e a ridosso delle costruzioni, delle case, delle rocce, delle montagne.

Vivono in una dimensione verticale, alla ricerca di un movimento impossibile che superi le leggi della gravità. A partire dal peso del corpo, essi elaborano coreografia della leggerezza e dell’immateriale, pronti a sprofondare, insieme con loro, in perturbanti vertigini. Ecco una loro, e nostra ossessione. Ma non era forse la stessa ossessione di Musmeci?