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Nel 2008 è stata realizzata la prima edizione del “Festival Città delle 100 scale”, un appuntamento artistico internazionale che si è svolto in diversi luoghi della città di Potenza.

 

Spazi noti ed anonimi del paesaggio urbano sono stati utilizzati come luoghi di appuntamenti performativi. In particolare, la danza urbana e la relazione tra corpo danzante e strutture/forme architettoniche è stato il tema dominante della prima edizione. Al centro, quindi, il rapporto tra forme della città e forme della socialità, spazi urbani inutilizzati ed occasioni di incontro e crescita culturale della comunità cittadina.

Stiamo assistendo, infatti, ad un processo epocale di costruzione di uno “spazio terrestre” unico all’interno del quale si amplificano sempre di più le rivendicazioni di particolarismi e radici. Per dirla con Simone Weil, radicamento/s-radicamento, immobilità/mobilità, identità/relazione sono i caratteri fondamentali di una dialettica che attraversa le dinamiche del singolo individuo, ma anche delle forme sociali più in generale. Nella seconda edizione, che si svolgerà dal 27 al 30 settembre, si è invece inteso strutturare ed approfondire il tema della città contemporanea, a partire da una delle sue componenti fondamentali: la mobilità.

La coppia concettuale “mobilità/immobilità” – che è il titolo stesso della II Edizione del “Festival” – costituisce una sorta di “idealtipo”, di categoria interpretativa in grado di mostrare, da un lato, le modalità di costruzione storico-culturale della città occidentale; dall’altro, di rivelarla nelle sue attuali linee evolutive e di trasformazione, evidenziandone le intime potenzialità di sviluppo, ma anche le sue intrinseche contraddizioni.

All’affermarsi di un bisogno naturale dell’individuo contemporaneo teso sempre di più alla mobilità, alla rottura delle cerchie confinarie e identitarie dei luoghi corrisponde il desiderio nostalgico legato all’“appaesamento” e alla “casa”.

 

Scrive Augé: “Gli Ellenisti ci hanno insegnato che sulla casa greca classica vigilavano due divinità: Estia, dea del focolare insediata nel centro, umbratile e femminino, della casa e Hermes, dio della soglia rivolto verso l’esterno, protettore degli scambi e degli uomini che ne avevano il monopolio”.

Come governare questa dialettica dei “flussi” e questa ricerca di senso e di significato dei “luoghi” è il grande problema della contemporaneità.

Non è assolutamente vero che nel mondo dei “flussi” ci sia spazio solo per le strutture omologanti e generiche – per la cosiddetta “città generica”. Al contrario, “ciascun nodo globale in realtà richiama tessuti istituzionali, spessori culturali e inserimenti sia localizzativi sia sociopolitici (embeddedness) locali. Globale e locale ritornano così a giocare insieme, entro uno spazio di relazione misto, in cui nessuno dei due prevale, ma nessuno dei due prescinde dall’altro. E’ il tema affrontato dalla Sassen con il suo concetto di “spazio di confine” , inteso come “riconfigurazione” continua dei rapporti e delle relazioni tra “locale” e “globale”.

Lo “spazio di confine” rappresenta, quindi, la possibilità di costruire una pratica della località come linea di frattura fra processi urbani generali e situazioni specifiche. A fronte delle logiche omologanti indotte dalla globalizzazione, ma anche contro ogni chiusura in autoprotettivi e ristretti contesti, si tratta di “verificare la possibilità di realizzare autonome unità di significato urbano” capaci di reagire in modo innovativo alle trasformazioni della città, consapevoli che esse rappresentano sempre processi positivamente transitori, e, dunque, continuamente riconfigurabili dialetticamente. E’ questa la grande sfida che abbiamo di fronte a noi.

La danza urbana, nella molteplicità delle sue espressioni artistiche, si misura con i tempi e gli spazi della città contemporanea. I ritmi del corpo vivo, dinamico e creativo dei danzatori e dei performer inestricabilmente si intrecciano con i luoghi, i corpi della città e dei suoi abitanti in un dialogo coinvolgente e vibrante per scoprire nuove dimensioni e nuovi significati del vivere in comune e dei luoghi che ci circondano.

La mobilità fisica ed ideale nella città è al centro degli spettacoli e delle performance di danza urbana proposti dal festival, per interagire direttamente con i luoghi e gli abitanti in spazi e contesti nevralgici per la mobilità all’interno della città di Potenza e verso il territorio. Si vuole portare l’attenzione sui sistemi del trasporto pubblico come possibilità per un nuovo modo di spostarsi dentro e fuori la città, un nuovo modo di vedere, percepire e vivere il paesaggio urbano.

Le scale mobili, gli autobus cittadini, la metropolitanina della FAL (Ferrovia Appulo Lucana), le strade di Potenza e i luoghi di scambio e passaggio daranno forma alle coreografie e alle performance.